Sito di Carmelo Duro, giornalista e scrittore siciliano. 

 


Cannibale della parola


“Cannibale della parola”. E’ questo il titolo di una silloge di poesie la cui autrice ama mascherarsi dietro lo pseudonimo, D. Gonzaga d’Este, forse a ragione (considerati i tanti pregiudizi ancora presenti nella nostra “moderna” società), visto che le sue composizioni, a sfondo prevalentemente erotico, potrebbero indurre equivoci e false interpretazioni.
Già il termine “Cannibale”, anche se all’interno è attenuato dal completamento “parola innamorata”, ci riporta alla antropofagia, ai divoratori di carne umana e, riteniamo, che D. (forse Diana?) Gonzaga d’Este abbia voluto, proprio con questo termine dare parola a quelle parti anatomiche della donna (e dell’uomo) che, spesso, trovano rilievo o trionfano con sinonimi o con eufemismi.
Già, perché, l’autrice non si risparmia, né risparmia il lettore, indotto ed incoraggiato, attraverso espliciti versi, a frugare – anche – in sé stesso, nel suo pensiero e nel suo animo, alla ricerca della individuazione di una vita vissuta intensamente oppure debolmente, gratificata, oppure frustrata o insoddisfatta.
Una sorta di ispezione interiore che vuole condurre alla individuazione del proprio io e dell’efficacia della sua esistenza. E’ crudele, sotto questo aspetto, la scelta dell’autrice che non si cura degli effetti dei suoi versi, ma li tramanda come una liberazione, un sollievo, mentre, contemporaneamente, li ripropone, chiudendo  un circolo divenuto, così, vizioso.
Non è volgare, meno che meno pornografica  la poesia erotica di D. Gonzaga, anzi si propone come una lettura semplice, chiara ed appassionata poichè, di per sé, quella poesia equivale alla cosa stessa che indica mentre ne evoca la realtà. E’ il paroliberismo che, caratterizzando la tecnica compositiva delle “parole in libertà”, ci consente di collocare tra i paroliberi D. Gonzaga che  infrange il tabù della parola costringendo il lettore a sentirsi parte attiva e protagonista di cose altrimenti “proibite” .
C’è libertà (ma, forse, un’alone, una aspirazione alla libertà)  nei versi, nella parola, utilizzata dall’autrice “per  (non) mascherare il suo pensiero”, come ebbe a dire Talleyrand (o Voltaire?) a proposito del verbo. La parola, “trasgressiva” quando non allusiva, insinuante, ma spesso  anche giocosa, capricciosa, assegna a D. Gonzaga il merito di non sottrarsi allo “scandalo” della verità, da un lato, e di produrre vere e proprie raffinatezze edonistiche, dall’altro.
“Cannibale della parola” contiene poi, nella seconda parte, un gruppo di poesie-epigrammi con la traduzione in arabo e, sorpresa finale, la trascrizione di numerosi frasi-graffiti, “rubati” alle stazioni ferroviarie o di bus, alle metropolitane, a pareti di scuole o ad anonimi muri cittadini, graffiti nei quali, come si dice nella prefazione curata dalla casa editrice del libro, la pattese Kimerik, si trova la “poesia soave e magica, altera e incostante, affabulatrice e irriverente, pura e spietata”.
Un lavoro interessante, dunque, quello di D. Gonzaga d’Este, che ghermisce il lettore e lo rende condiscendente e corrompibile già dal titolo e, soprattutto, con il particolare della sensuale immagine di copertina, prima ancora che con i versi.

Carmelo Duro



 

Libri

Prima edizione 1987

Seconda edizione 1995

Seconda edizione 1995
Prima ristampa 1999