“Le
chiavi di lettura del romanzo di Carmelo Duro,
Lampare spente, sono diverse, ma due mi sembrano
le caratteristiche fondamentali di questo lavoro: la
coesistenza di due codici linguistici e il raffinato
uso del flashback”. Così il prof. Cosimo
Cucinotta, docente di letteratura moderna e
contemporanea presso l’Università di Messina, ha
messo in evidenza i due aspetti approfondendoli. Per
quanto riguarda i due codici linguistici, la lingua
e il dialetto, Cucinotta ha fatto notare come la
scrittura di Duro sia “ferma, essenziale, che va
al cuore delle cose, la scrittura del giornalista e
del memorialista che ferma un mondo che muore”.
La
relazione, seguita con appassionata partecipazione,
come quella successiva del dialettologo prof.
Giuseppe Cavarra, dalle circa trecento persone
(presenti molti uomini di cultura) che hanno preso
parte alla presentazione di Lampare spente, si è così sviluppata sul contenuto del romanzo.
“Non si può parlate di verismo in questo lavoro
(ne accenna Melo Freni nella prefazione, ndc)
– ha detto ancora il prof. Cucinotta perché i
procedimenti narrativi che determinano il linguaggio e la struttura del testo hanno
ben poco a che vedere con il verismo. In Verga –
ha precisato – c’è la solidarietà, qui,
invece, c’è una spietata ricognizione sociologica
e antropologica”.
Relativamente
all’altro aspetto, quello del flashback, cioè “
l’uso fortissimo del meccanismo della memoria,
richiami di scene retrospettive – ha sottolineato
il prof. Cucinotta –, siamo in presenza di una
memoria che non è memoria della nostalgia o del
rimpianto, ma, piuttosto, è memoria di un passato
che viene attualizzato e viene fatto rivivere
attraverso una serie di mediazioni. Duro – ha
concluso Cucinotta – ci consente, alla fine della
lettura, di sentirci un po’ tutti custodi trepidanti di un mondo che
grazie alla scrittura non muore”.
Di
identico avviso il prof. Giuseppe Cavarra che si è
soffermato sugli aspetti etonoantropologici del
libro e, dopo avere accennato alla storia narrata
(la tragicità di un rapporto di coppia vissuto ‘nta
‘na vaneddha che coinvolge l’intero
quartiere, ndc),
ha accennato alla identità di borgo marinaro”.
“Un
uomo ha bisogno di ricordare – ha sottolineato
Cavarra -. Lampare
spente è una fiumara di ricordi che comprende
le case, le stradine, una moltitudine di personaggi
e affolla la nostra mente senza ingombrarla. In
questo lavoro Duro-cronista trae i suoi
interlocutori dal serbatoio della memoria e dilata
il discorso mettendo a nudo automatismi
insospettabili contro l’estromissione della
cultura tradizionale e popolare. Non a caso in tutta
l’opera di Duro – ha detto Cavarra - c’è il
concetto di ‘totalizzazione attiva’ del contesto
sociale e ‘La Valle d’Agrò’ ne è il più
chiaro esempio: il rapporto cioè tra ciò che è oggi e ciò
che è stato”.
Dichiarandosi
poi d’accordo con il prof. Cucinotta a proposito
del verismo, Cavarra ha chiarito che “qui manca l’essenza
del verismo. E la condizione per la sopravvivenza di
un gruppo umano in via di trasformazione è
costituita dall’innesto che deve avvenire nel
corpo della storia. Ciò spiega la necessità del
doppio registro linguistico: l’italiano, segno
della cultura massificata, il dialetto più consono
ai personaggi”.
L’autore
da parte sua, nel suo breve intervento ha tenuto a
precisare che “il romanzo è ispirato ad una
storia vera, poi naturalmente romanzata e, quindi,
senza più riferimenti reali pur se i personaggi che
si muovono attorno ai protagonisti e l’ambiente in
cui si svolgono i fatti è siciliano, anzi jonico”.
In
precedenza c’era stato il saluto del sindaco di S.
Alessio Giovanni Foti. Alcune pagine del romanzo
erano state lette dalla dottoressa Daniela Carnabuci.
Un breve intervento è stato fatto dall’ispettore
scolastico Santi Ucchino mentre i lavori sono stati
coordinati, con stile ed incisività, dalla prof. Angela Vecchio.
Giuseppe
Puglisi