Sito di Carmelo Duro, giornalista e scrittore siciliano. 

 


Presentazione del nuovo romanzo "Equazione a una incognita"

Il romanzo di Carmelo Duro "Equazione a una incognita" è stato presentato il 29 aprile 2006 alle ore 17.30 presso L' Iberotel Capo dei Greci di Capo Sant'Alessio. Presentatori dell' opera il prof. Cosimo Cucinotta e la professoressa Paola Colace Radici, ambedue della facoltà di Lettere presso l'Università di Messina. Intervento: dottoressa Mara Di Maura di Catania.

 

Critiche a "Equazione a una incognita "


 

La scelta del titolo è la”cifra”di una personalità che esprime,cerca ed esige rigore… ma,direbbe Pascal, “il supremo passo della ragione sta nel riconoscere che c’è un’infinità di cose che la sorpassano”.
Già dalle prime pagine della narrazione,emerge una dirompente dichiarazione di poetica, ispirata, innegabilmente, all’esistenzialismo paradossale di F.Kafka. Il viaggio è, esso stesso, un” processo”, e, se vogliamo, una metamorfosi, che investe con imprevisto e imprevedibile fatalismo le persone e le cose. Ma al di là di tutte le variegate interpretazioni che se ne possono dare, e sul piano concreto dell’intreccio e su quello più astratto della comunicazione poetica, una verità inconfutabile detona nella coscienza, persino in quella del lettore meno avveduto: il rigore del giornalista(che forse solo le parole di Anna riescono a descrivere meglio) nel confronto con il logorio interiore dell’uomo che non scampa né al monocromatismo del quotidiano né al senso pervasivo della condanna: questa spada di Damocle che sovrasta il disegno - direi quasi epicheggiante - della vicenda. Duro scandaglia con sagacia il cuore nevralgico delle relazioni inter-umane, senza cedere al sentimentalismo, eppure incidendo nel foglio con la sottigliezza di un terapeuta, conoscitore dei moti invisibili del microcosmo spirituale. L’esito sembra aver quasi una deriva davvero cristologica: un senso di espiazione e colpa attraversa il farsi del racconto integralmente, rendendolo triste e affascinante allo stesso tempo. Questo induce a riflettere sulla “ratio”, a volte inattingibile, dell’esperienza dell’ “esserci” come  “accadimento dell’essere”, la quale presuppone sempre la necessità di un sacrificio.

L’ammirevole e lunghissima esperienza culturale di Carmelo Duro, ha, senza dubbio fissato i cardini solidi su cui poi si è dispiegata una vera e propria retorica dell’ineluttabile, all’interno di una cornice polivalente di atmosfere,individualità e paesaggi – segno ulteriore- di un attaccamento genuino alla terra e prova di un’ottima letteratura che, quale che sia l’alfa o l’omega, è tale perché instilla emozione.

Santa Teresa di Riva, 28 marzo2011           

Carmelina Ferraro.

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“Il circoscritto tempo di un normalissimo viaggio, come quello compiuto dal sig. C. può dilatarsi all’infinito spazio che la mente contrae e allenta, incendia e spegne, costruendo quel privilegio magico di ombre destinate talora a un inganno o a un’ammiccante delega di vita vera (…).
“(…) Si affollano le immagini, i richiami culturali, le problematiche civili nella memoria arroventata del sig. C., che scova l’incaccellabile assenza della morte della madre e oscure angosce, dubbi e pure una insospettabile serenità. Altre figure irrompono nel plot moltiplicando la tensione, la solitudine, lo sgomento del giornalista che finisce per sentirsi accerchiato, braccato da un oscuro pericolo e devastato anche dai suoi febbrili monologhi e immaginati dialoghi con occasionali interlocutori. (…)”
Prof. Giuseppe Amoroso, Gazzetta del Sud, 14 giugno 2006, paginatre.

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“(…) Accade, infatti, che la durata del viaggio si renda misurabile non più attraverso la lettura di una rivista o gli assalti reiterati della noia combattuta col ricorso alla sigaretta o alle quattro chiacchiere, anch’esse grigie e banali, scambiate con gli altri viaggiatori, ma solo in un rapporto faticoso ed estenuante con una inquieta avventura del pensiero, con una costruzione perversa della immaginazione, con una frenetica attività della ragione insonne (…).
“(…) Ed è proprio nel felice equilibrio tra le tensioni suscitate dalla presenza ostile e la stesura di un diario culturale ed autobiografico, nell’alternanza sapiente dell’angoscia momentanea e della riflessione durevole e organica, che il romanzo di Carmelo Duro trova la sua cifra segreta, tale da consentire la costruzione di una struttura solida ed omogenea. (…)”
Prof. Cosimo Cucinotta – relatore del testo – 29 aprile 2006 –
Hotel Capo dei Greci – Sant’Alessio Siculo (Presentazione del libro).

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“Ho sostato nei luoghi dell’anima dei percorsi di Duro attraverso una metodologia d’approccio al testo che sa di filologico. Approccio che mi giunge da Nietzsche. Questi, nella prefazione ad Aurora, caratterizza i filologi come  <maestri della lettura lenta> e la filologia come un’arte che  <insegna a leggere bene, cioè a leggere lentamente>.
“Non a caso Nietzsche è stato uno dei filosofi più consapevoli del problema epistemologico e morale del prospettivismo che ha offerto a Wittgenstein una battuta che ho fatto mia e che mi è stata di grande giovamento anche nella lettura del romanzo di Duro: <Nella corsa della filosofia vince chi sa correre più lentamente>; che è come dire: Carmelo Duro, oltre ad apparire al mio sguardo un attento filologo, è anche un apprezzabile filosofo (...)”.
“(…) E fino a quando il signor C. ha la possibilità di trovare conforto nel dialogo, nella relazione persona-persona, la sua sopravvivenza è garantita; quando, invece, la <parola> come terapia si lascia sovrastare dal grido, dall’urlo, dall’ira, allora scoppia la tragedia e il romanzo si avvia alla fine (…)”.
Prof. Santi Lo Giudice,  in occasione di una presentazione del libro a S. Alessio Siculo, Villa Genovesi, 10 agosto 2006.
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“(…) Gli anni, non pochi, di impegno costante in qualità di cronista, corrispondente, lavoro arduo, non agevole, come si crede, ne hanno fatto di Carmelo Duro uno scrittore che ora può certamente annoverarsi nel gruppo dei validi autori siciliani viventi nell’isola e fuori. “Equazione a una incognita”, un romanzo surreale, se si vuole, dal titolo cifrato, come buona parte, se intesa bene, della vicenda narrata. (…) Il lettore ne è coinvolto subito. E questo conta molto in una scrittura fra tante che continuamente vengono divulgate, tanto solennizzate, ma uggiose il più delle volte (…)”.
Prof. Sebastiano Saglimbeni- Edison Square, librerie Giubbe Rosse, Firenze – n° 61, gennaio 2007.

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“(…) Un racconto kafkiano, dunque, questo sì, è innegabile, ma con qualcosa in più che rende la narrazione originale e particolare, sicuramente unica nel suo genere. Al lettore viene innanzitutto lanciata, fin dalle prime pagine, una maliziosa sfida, o, per meglio dire, viene proposto un qualcosa di simile ad un rompicapo, una sorta di enigma, che tuttavia si rivela ben presto, man mano che si prosegue nella lettura, solo un gioco, una bonaria burla ideata ad hoc dall’autore per incuriosire il destinatario della sua opera ed avvinghiarlo tra le avvincenti spire delle sue pagine.
“Così del tutto convinti di leggere un thriller, ci si ritrova catapultati in quella travagliata notte dell’ottobre 1985 sullo stesso treno su cui viaggia il sig. C., invisibili, muti e impotenti testimoni dei fatti (…).
“(…) L’enigma ad una incognita è un macabro complice del Destino, una sua ancella se vogliamo. Insieme ad esso l’Amore, un Amore che opera come forza mortifera. Come amore che uccide, riproponendo il più classico ed antico binomio Eros-Tanatos (…)”.
Dott.ssa Mara Di Maura – Postfazione e relatrice – hotel Capo dei Greci, 29 aprile 2006, Sant’Alessio Siculo (Presentazione del libro).

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“(…) L’ostentata ricerca di oggettività dimostra che la vicenda è principalmente interiore e che si svolge, più che su un treno, all’interno di una mente, attraverso un processo che a volte rende sottile il confine tra realtà e immaginazione (…). La vicenda drammatica ha luogo all’interno dell’io e, credo, compendi le perplessità di tutti (…). Il problema, affrontato in modo quasi cerebrale dal grande narratore e drammaturgo siciliano Pirandello, non trova soluzioni nella nostra letteratura se non drammatiche o paradossali. E su questa scia, secondo me, va collocato il nostro romanzo (…).
“A lettura ultimata si ha l’impressione che tutta la vicenda sia dominata dal Destino, un destino al quale non si sfugge: è il Fatos greco, cui doveva sottostare lo stesso Giove. Tale concezione è fatta propria da molti pensatori, specie siciliani, che l’hanno ereditata da Greci. E Carmelo Duro è siciliano”.
Prof. Franco Campailla in occasione di una presentazione del libro a S. Alessio Siculo, Villa Genovesi, 10 agosto 2006.

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“(…) Quello che sembra un giallo si snoda con stile narrativo piano, chiaro, leggibilissimo, tocca punte di tensione e diventa avvincente e incalzante fino all’ultimo. Il viaggio del signor C. diventa allora metaforico. Il viaggio è la vita che ha un suo punto di partenza e uno di arrivo.
“I personaggi che il signor C. ricorda con rimpianto (la madre-amica), che incontra casualmente (Anna, ideale amoroso sfuggente) i ferrovieri e i marescialli (soccorrevoli ed efficienti), Nicola (debole e insicuro come tanti), il Tizio (incombente e minaccioso), sono quelli che ognuno di noi incontra prima o poi nella vita e con cui, a volte, percorre il viaggio in modo piacevole o angoscioso.
“Ma è il Tizio la figura che alla fine predomina. Il Tizio sembra, a volte, la voce della coscienza che rimprovera comportamenti o mancanze, ma è anche un’ombra che compare e scompare nel viaggio: un po’ assente, un po’ incombente (...).
“Un complimento a Melo Duro perché la sua scrittura è priva del turpiloquio tanto in voga oggi. La buona scrittura, infatti, non ha bisogno di zavorra”.
Prof.ssa Jana Quagliata. Stralcio di una lettera inviata all’autore da Monza, dove risiede, il 9 gennaio 2007.

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“Concitato, avvincente e con un finale ad effetto (…). Interessante e fuori da ogni retorica la descrizione della morte di C., rapida ma disperata, interessante lo sconcerto dell’omicida e altrettanto ben delineati l’epilogo e il dialogo finale dei due coniugi, quasi a rappresentare un doppio scenario, quello dei vinti, il signor C. e il giovane omosessuale, e la coppia borghese che rimane comunque padrona della scena e delle fila della propria esistenza”.
Candida Carella, una lettrice da Milano, 24 maggio 2006

 

 






 

Libri

Prima edizione 1987

Seconda edizione 1995

Seconda edizione 1995
Prima ristampa 1999