Sito di Carmelo Duro, giornalista e scrittore siciliano. 

 


Greta Garbo


Di lei, Valerio Caprara, uno degli autori del libro "Le dive" (Laterza, 1985), così comincia a dire: " Per le vie di New York, magari nella 52. East (dove vive di fronte ad Henry Kissinger), si può ancora sorprendere una signora ottantenne che si nasconde mezza faccia dietro un cappello a larga tesa e degli occhiali neri, totalmente immersa nell’impresa che la occupa dal 1941 – sfuggire alla vista del prossimo -. Greta Garbo compra violette da un fioraio della zona e perfeziona ogni giorno il progetto di confondersi come un’ombra con le ombre dei suoi personaggi".

Già, Greta Garbo, la Divina, la donna che tutti sognavano, Unica e Irripetibile, la "sacerdotessa del cinema" come la definì Federico Fellini, se ancora vivesse compirebbe, esattamente il 18 settembre prossimo, 100 anni. Lei non potrà "celebrare", ammettendo che volesse farlo, questo suo centesimo genetliaco perché se n’è andata nel giorno di Pasqua del 1990.

La "celebrazione" del suo ricordo e l’esaltazione del suo mito sono già scattate un po’ dappertutto nel mondo e principalmente in Svezia, la sua patria, dove era nata a Stoccolma il 18 settembre 1905.

Nella regione scandinava, infatti, ed esattamente nel bellissimo castello di Gripsholm a Mariefred sul lago di Malaren, si è aperta il 4 giugno scorso una mostra di fotografie, intitolata "La Divina", una mostra che durerà fino al 30 settembre prossimo. A Stoccolma, poi, presso il museo postale, è possibile ammirare, dal 16 settembre al 26 marzo 2006, vari ricordi della Garbo: una collezione di lettere, testimonianze, foto, oggetti d’arte, cartoline, ecc. In abbinamento verranno mostrati filmati e si terranno delle conferenze.

Anche quaggiù, in questa parte orientale della Sicilia, ed esattamente presso l’hotel Baia Taormina, sito nella marina di Forza D’Agrò, a 10 chilometri da Taormina e a 8 da Letojanni, località dove la Divina ha soggiornato in vacanza nei primi anni Settanta, si svolgono tra il 2 luglio e il 30 agosto prossimi, delle iniziative per ricordare la presenza discreta ed "indifferente" di Greta Garbo nelle bluastre acque dello Jonio.

E’ una celebrazione che si apre con un ricordo della Diva, ricordo che costituisce un seguito di quello dell’anno scorso quando Giorgio Fleri, intraprendente, puntuale ed estroso organizzatore di appuntamenti di prestigio, predispose una serata in onore della Garbo nella villa Hauser di Letojanni. Il ricordo della Garbo in questo centenario, dovuto sempre alla fantasia di Fleri, che in passato ha fatto anche l’attore, è accompagnato da una mostra di sculture in bronzo dell’artista palermitano Domenico Zora che è forse l’unico scultore vivente ad aver ritratto Carla Fracci in una quarantina delle sue opere.

Qui, al Baia Taormina, Zora dedica la mostra, "Profumo di Greta", a Greta Garbo che sarà pure raffigurata in alcune opere dello stesso artista la cui mano sapiente riesce a far perdere alla figura della donna, segnando così una straordinaria ed imprevedibile coerenza con la Garbo, "quella sua corporeità per assumere sembianze eteree, impalpabili, divine".

Siamo andati a trovare Giovanni Panarello, antiquario taorminese, adesso anziano, che abita in una sorta di eremo "relegato" nel centro di Letojanni ma isolato dai rumori circostanti.

"Greta – ci dice – veniva qui quasi tutte le estati. Aveva scoperto questo posto grazie al dott. Hauser che era il suo dietologo e che lei seguiva pedissequamente. Raramente usciva. Era stata da me a Taormina, poi era scesa giù, a Letojanni. Le piaceva il mare. E trascorreva le sue giornate tra la villa e il mare dove aveva pure fatto amicizia con alcuni pescatori che le davano spiegazioni sulla pesca e sui pesci. Non mangiava molto e a tavola non si toglieva quel cappello a larga tesa che le oscurava mezzo volto. Veniva molto volentieri da queste nostre parti, abitava in famiglia, possiamo dire, ma manteneva un distacco aristocratico da tutto e da tutti. Parlava poco, non frequentava nessuno. Era felice, se si può usare questo termine che forse è un eufemismo, di tornare tra noi, malgrado un velo di malinconia affiorasse sempre nel suo magico sguardo".

"Il suo magico sguardo". La fortuna della Garbo, infatti, secondo il suo biografo, Giovambattista Brambilla "stava nella magìa del suo sguardo che riusciva a trasmettere un misto di dramma e voluttà, ambiguità che Bela Balazs chiamò beautè de la suffrance: un incrocio tra la femme fatal peccaminosa e la vergine innocente predisposta al sacrificio. Non c’è da stupirsi – sottolinea Brambilla - perciò se questo dualismo tra istinto e predestinazione l’hanno fatta eleggere <imperatrice monaca> della <cultura camp>, perché in essa l’omosessuale riconosce le pulsioni avverse tra peccato e rassegnazione al peccato, che sono a fondamento del senso di colpa imposto dalla morale comune ai gay".

Sotto questo aspetto la Garbo riuscì ad alimentare maggiormente il mistero sulla sua vita privata. Non si sposò mai ma ebbe grandi amori. "Sono stata amata più dalle donne che dagli uomini" ebbe a dire in una rarissima dichiarazione. Degli uomini si può dire che erano apparentemente forti ma non quanto forse lei stessa non pretendesse, tanto che non seppero reggere un rapporto di questo genere a lungo, a cominciare da Maurice Stiller, finlandese, regista estroso e dispotico, a quell’epoca massima potenza nel campo teatrale (1924), divenuto suo maestro e mentore ma soprattutto suo pigmalione. E, poi, John Gilbert e, massimamente, Leopold Stokowski ma, sicuramente, i suoi amori più profondi sono stati quelli con le donne (è proprio qui che si è accresciuto il mistero Garbo).

La relazione con la baronessa Olga de Rothschild, della famosa famiglia di miliardari, durò ben 45 anni, ma, prima ancora, nei primi anni Venti, la Garbo, avrebbe avuto una "strana amicizia" (l’enigma si è sempre alimentato) con Mimì Pollak, una sua compagna all’Accademia d’arte drammatica di Stoccolma.

Mercedes de Acosta, grande fotografa, fu sua amante e riuscì a fotografarla seminuda divulgando così una immagine "sorprendente" di Greta fino a quel momento ritenuta "glaciale" come il mito vorrebbe eternarla.

"La Garbo ebbe legami con tutti i gay dell’alta società artistica, nobiliare e finanziaria – afferma ancora Brambilla nella sua biografia - basti citare le sue intime amicizie con Cecil Beaton, Lord Mountbatten, Noel Coward, Ivor Novello e molti altri".

Il mistero continua. "Le sue più grandi scene d’amore rituale la Garbo le interpretò con sé stessa o con gli oggetti: i fiori di A woman of affairs, i mobili di Queen Cristina. Portò sullo schermo il sesso come non è riuscito a nessuna. Marilyn Monroe, al confronto, era una allegra ragazzotta che distribuisce sé stessa liberamente, Marlene Dietrich allude al denaro anche con le pupille. La loro – precisa Brambilla – è una sessualità più sana, forse più onesta, ma cosa ne segue? Il trionfo dell’uomo, del macho conquistatore. Tutt’altra cosa accade agli amanti della Garbo. Sia che si tratti di Clark Gable, John Barrymore o Melvyn Douglas, in ognuno di essi c’è come il bisogno, dopo la capitolazione fisica, di misurare negli occhi di lei la propria performance sessuale e di riceverne l’approvazione.. In lei c’è una miscela che porta l’uomo al colmo del desiderio e insieme a una frustrazione che rasenta l’impotenza".

Era la prima stella del mondo, la "divina". Eterea, misteriosa, dolcissima eppure lontana e irraggiungibile,: era l’attrice che, con l’avvento del sonoro, invece di precipitare, arrivò al vertice del successo. La sua voce roca e profonda era la voce stessa della seduzione. Fu la prima donna che non fece sembrare grotteschi i film di quell’epoca.

Basta guardarla sullo schermo per studiarne la sfuggevolezza: a chi tenta di baciarla offre la gola con la testa rivolta all’indietro, ad un altro dà la mano da portare alle labbra, ed è il massimo concesso prima della rituale dissolvenza in nero del fotogramma. Il suo sguardo afferma ripetutamente che per lei il sesso è poco importante, che non le dispiace darsi, ma "dopo" tutto è sublimato con un "Accendimi una sigaretta Alessio".

Unica, Irripetibile, la classificano i suoi numerosi biografi. Eppure lei, Greta Lovisa Gustafsson, "aveva scarpe dai tacchi incredibili, calze di una tremenda volgarità – afferma la giornalista Doroty Woldridge – i piedi tali e quali quelli di un podista, tuttavia se vi fu una donna veramente affascinante sullo schermo, quella fu proprio e soltanto Greta che, nel 1923, a 18 anni, subito dopo aver conosciuto il suo pigmalione Stiller (che aveva 40 anni e che la consiglia in tal senso), decide di cambiare nome.

Scompare così Greta Lovisa e compare Greta Garbo, un nome "rubato" al re ungherese del secolo XVII Bethlen Gabor.

E’ la svolta decisiva. Dopo aver fatto quasi la fame in conseguenza del decesso del padre netturbino, dopo aver lavorato in una bottega di barbiere (insaponava la faccia ai clienti) e dopo un impiego come commessa nei Pub, Grandi Magazzini, di Stoccolma dove fu notata dal regista svedese Petschler che, inaspettatamente, la inserisce in un suo film e le consente di iscriversi all’Accademia Regia di Norvegia da dove giunge a fare un provino con Mauritz Stiller, Greta Garbo inizia la sua travolgente e inarrestabile carriera cinematografica.

E’ l’epoca del muto e lei, tra il 1924 e il 1929, gira ben 12 film, ma, quando arriva il parlato si scopre ancora più pronta e gira, tra il 1930 e il 1941, altri 13 film, l’ultimo dei quali "Non tradirmi con me" di Cukor non ottiene il successo sperato e lei, a soli 36 anni, abbandona per sempre il cinema lasciando il ricordo del prototipo leggendario della diva e di eccezionale fenomeno di costume.

Famosa la sua battuta che precedette l’esilio volontario: "In questo crudo nuovo mondo non c’è più posto per me". Cominciò così, lei che aveva avuto l’Oscar alla carriera nel 1954 e quattro nomination (due nel 1930 e, poi, nel 1937 e nel 1939), a dedicarsi alla propria immagine tenendola lontana dagli occhi del pubblico. Aveva capito – era il 1941 – che la non-immagine poteva essere la sua immortalità.

Morì a New York il 15 aprile 1990, a 85 anni, ma dobbiamo comunque esserle ancora grati perché la Divina – appellativo coniato esclusivamente per lei dopo le sue recitazioni in ruoli da seduttrice fatale, misteriosa, altera e irraggiungibile – ci ha risparmiato lo spettacolo della Garbo profanata in uno spot pubblicitario o in un film dell’orrore o in una ripetizione fossile del proprio mito, come è capitato a tante dive dai nomi reboanti.

                                                        Carmelo Duro



 

Libri

Prima edizione 1987

Seconda edizione 1995

Seconda edizione 1995
Prima ristampa 1999